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Che tipi di contratti di lavoro esistono in Italia?

 

Che tipi di contratti di lavoro esistono in Italia? Ecco un elenco che parla di contratti full time, part time, part time esteso, a chiamata.

 

 

Si definisce contratto di lavoro un accordo tra due parti atto a costituire un rapporto di lavoro e a regolare l’attività svolta.

Le due parti coinvolte sono pertanto un datore di lavoro e un prestatore di lavoro. Il nostro ordinamento prevede differenti tipi di contratto di lavoro, ognuno dei quali dettagliatamente disciplinato per andare incontro alle esigenze di tutte le parti coinvolti.

Vediamo insieme tutte le categorie, soprattutto quelle oggi particolarmente più diffuse, in modo da eliminare ogni dubbio nei giovani che stanno cercando il primo impiego e spulciano decine e decine di annunci di lavoro online.

 

Il contratto di lavoro: tempo indeterminato e tempo determinato

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Partiamo con l’analisi delle due tipologie di contratto più note e diffuse, ovvero il contratto a tempo indeterminato e il contratto a tempo determinato:

  • Contratto a tempo indeterminato

Il contratto a tempo indeterminato è quello che, come si evince già dal nome, non ha una scadenza per la cessazione del rapporto di lavoro. Il che vuol dire che durerà finché una delle due parti, nel rispetto dei limiti di legge, non decide di mettere la parola fine.

A regolare il contratto a tempo indeterminato, oltre lo Statuto dei Laboratori, vi è la Legge 183/2014, che rappresenta la parte principale del Jobs Act, riforma del diritto del lavoro voluta dal Governo Renzi.

La norme disciplinano il rapporto di lavoro indeterminato e stabiliscono in modo preciso e meticoloso come eventualmente risolvere il rapporto di lavoro con licenziamento.

Ad ogni modo tutti i contratti di lavoro stipulati prima dell’entrata in vigore del Jobs Act sono disciplinati dallo Statuto dei Laboratori, mentre tutti quelli successivi dalla Legge 183/2014.

 

 

  • Contratto di lavoro a tempo determinato

Il risvolto della medaglia, in opposizione al contratto indeterminato, è rappresentato dal contratto a tempo determinato, ovvero quello che prevede una scadenza stabilita dalle parti, obbligatoriamente indicata nell’atto scritto, requisito essenziale per la stipula del contratto.

Unica deroga a questa regola si ha quando la durata del rapporto di lavoro è inferiore ai 12 giorni: in questo caso il rapporto di lavoro può anche essere stipulato in forma orale.

Un contratto a tempo determinato può durare al massimo un anno, prorogabile a 24 mesi. Si può riconfermare per un massimo di quattro volte dopo la scadenza. Ogni azienda può assumere lavoratori a tempo determinato in rapporto al numero di lavoratori a tempo indeterminato che ha, come stabilisce la legge.

 

Il contratto di lavoro in somministrazione e il contratto a chiamata

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Molto comune in Italia è anche il contratto di lavoro in somministrazione (quello tipico che concerne i lavoratori interinali). Tra le due parti coinvolte, ovvero datore e prestatore di lavoro c’è una terza parte, ovvero un’agenzia per il lavoro (autorizzata dall’ANPAL, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) che si prende a carico il lavoratore.

Spieghiamoci meglio: il lavoratore sta all’interno dell’azienda-datrice e opera al suo interno in virtù delle sue mansioni, ma è l’agenzia per il lavoro che stipula il contratto e che si fa versare dal datore gli importi dovuti per coprire la retribuzione ed i versamenti contributivi del lavoratore stesso.

Il contratto può essere sia a tempo determinato che non, deve avere per forza la forma scritta altrimenti il lavoratore risulterà assunto direttamente dall’azienda. Anche in caso di tempo determinato, la forma deve essere scritta, non può durare più di tre anni e non può esserci proroga per più di cinque volte.

Per quanto concerne il contratto di lavoro a chiamata, è una forma di contratto a tempo che si stipula per coprire particolari esigenze momentanee del datore di lavoro.

Le chiamate complessive in tre anni solari non possono essere più di 400: in caso di superamento scatta in automatico l’assunzione a tempo indeterminato.

Deve essere necessariamente di forma scritta in quanto vanno indicati alcuni elementi distintivi del rapporto di lavoro, come la durata, il luogo di svolgimento, le mansioni, le modalità di preavviso per la chiamata, le modalità di rilevazione delle mansioni, e così via.

 

 

Il contratto di lavoro accessorio

Il contratto di lavoro accessorio è quello che dapprima abrogato, è stato, seppur in maniera parziale, reintrodotto nel nostro ordinamento con referendum con la Legge n. 96 del 21 giugno 2017.

Prevede la possibilità di un datore di lavoro di avvalersi della prestazione di un dipendente nel limite massimo di 2500 euro in un anno: dal suo canto il lavoratore ha la possibilità di svolgere lavoro accessorio nel complesso di 5 mila euro (il limite sale a 6 mila per studenti fino a 25 anni e disoccupati), ma per ogni datore per 2500 euro. Il datore di lavoro può utilizzare quanti lavoratori accessori preferisce, in simultanea, l’uno dopo l’altro, purché non utilizzi lo stesso oltre i limiti consentiti dalla legge.

Quali aziende possono avvalersi del lavoratore accessorio? Tutte le microimprese che non hanno più di 5 dipendenti assunti a tempo indeterminato.

Allo stesso modo possono avvalersene le aziende agricole (con gli stessi limiti poc’anzi visti). Per le strutture turistiche, al massimo possono avere 8 dipendenti a tempo indeterminato se vogliono impiegare un lavoratore accessorio.

Anche le pubbliche amministrazioni possono farvi ricorso, purché in previsione di realizzazione di particolari progetti individuati dalla legge, così come le famiglie che abbiano bisogno di qualcuno cui affidare faccende domestiche. Ne consegue che il contratto di lavoro accessorio ha durata limitata nel tempo.

 

Il contratto stage

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Il contratto di stage è rivolto a tutti i giovani alle prime esperienze che dunque devono cominciare a farsi le ossa nel mondo del lavoro.

È una tipologia di contratto a tempo determinato, la cui durata massima dipende da obblighi e doveri di datore e stagista. Si sottoscrive un progetto formativo più che un contratto al cui interno vengono definiti tutti gli obiettivi dello stage.

 

 

Esistono diverse tipologie di contratto di stage:

  • Stage curricolare, rivolto a chi studia ancora e vuole affiancare alla teoria anche la pratica la pratica mondo del lavoro;

  • Tirocinio di inserimento o reinserimento lavorativo, pensato per coloro che non hanno occupazione e per permettergli l’entrata o il ritorno nel mondo del lavoro;

  • Stage a favore di disabili e soggetti svantaggiati.

 

A seguito dell’entrata in vigore della Riforma Fornero, in Italia la legge stabilisce che il datore di lavoro non possa più esperire stage gratuiti ai giovani, per cui al di là dell’esperienza è dovuta allo stagista l’indennità economica minima da versare assieme alle sanzioni relative nel caso in cui l’impresa non la corrisponda.

 

Il contratto di lavoro part-time

Si definisce in modalità part time un contratto di lavoro che prevede la possibilità per il lavoratore di prestare la propria attività non a tempo pieno, ma secondo specifiche fasce orarie in virtù delle sue esigenze. Si può lavorare solo 2 o 3 giorni della settimana a tempo pieno e stare a riposo restanti giorni, o lavorare mezza giornata tutti i giorni. Tutto va a discrezione del datore di lavoro e del lavoratore.

 

 

Il contratto di prestazione occasionale e l’apprendistato

È a prestazione occasionale quel contratto di lavoro che si rivolge a professionisti, lavoratori autonomi, imprese, fondazioni, enti locali, i quali possono richiedere delle sporadiche prestazioni lavorative ad un soggetto, dietro ovvio e proficuo compenso.

Circa invece l'apprendistato possiamo definirlo come il contratto di lavoro dedicato a lavoratori dai 15 ai 29 anni, a cui possono avere accesso anche i lavoratori in mobilità o coloro che percepiscono un’indennità di disoccupazione.

Prevede la prestazione di un'attività di lavoro con regolare retribuzione e al contempo una formazione professionale del lavoratore.

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