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Normativa vigente cannabis light in Italia: cosa dice la legge su canapa e marijuana legale

 

Normativa vigente cannabis light in Italia: cosa dice la legislazione in merito di canapa e marijuana legale.

 

 

In Italia l’argomento della canapa / cannabis light legale torna spesso sulla cresta dell’onda sollevando non poche polemiche. Non a caso qualche mese fa sono state raccolte delle firme per indire un referendum in favore della totale legalizzazione della cannabis.

 

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Quasi parallelamente alla chiusura della raccolta delle adesioni, a inizio settembre la Commissione Giustizia ha approvato il testo base, ovvero la proposta di testo unificato avanzata dai deputati Licatini, Molinari e Magi.

La bozza di legge (proposta con il titolo “Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”) è stata approvata dai partiti politici quale PD, M5S e LEU, mentre Lega e Fratelli d’Italia hanno espresso parere contrario.

Proprio questo basilare testo su cui si dovrà ancora discutere possibili modifiche ed emendamenti, è stato centro di accesi dibattiti, che hanno diviso i cittadini tra favorevoli e contrari.

Del resto molti paesi europei, come Germania, Lussemburgo e Malta hanno già un corpo normativo che legalizza l’uso, la produzione ela vendita di cannabis, per cui una parvenza di novità sarebbe necessaria anche in Italia.

Tralasciando in tal sede il fatto che l’iter per l’approdo in aula sarà certamente laborioso (anche in considerazione dell’origine spuria del documento, in cui sono state previste delle depenalizzazioni dei reati attualmente previsti e un inasprimento delle pene a carico dei trasgressori) andiamo a vedere allo stato dei fatti cosa oggi la legge italiana consente sull’argomento cannabis light e olio di CBD (puoi approfondire su Olio-di-cbd.it).

 

 

La legge sulla canapa ‘legale’

Sebbene la legalizzazione della cannabis sia per adesso in Italia in stand-by, abbiamo comunque una parvenza di consenso, data a partire dal 2017, per effetto della Legge n. 242 del 2 dicembre 2016, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” che permette di acquistare cannabis ‘legale’.

Il corpo normativo in esame ha dato al nostro Paese un primo spunto di riflessione volto a garantire la nascita di un mercato di derivati legali della canapa, definiti (in maniera informale) come ‘light’, ossia leggeri.

Andando nel dettaglio del quadro normativo, la legge permette, senza chiedere autorizzazione, di coltivare una specifica variante di pianta di canapa, ovvero la cannabis sativa L., la sola per adesso ammessa alla coltivazione all’interno dell’Unione Europea in quanto inserita nel “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole” (nella sezione “Piante oleaginose e da fibra”).

Lo scopo di tale norma è quello di favorire il progresso della filiera della canapa, ai fini dell’incremento della “produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori”.

Con la canapa sativa si possono realizzare fibre, canapulo, cippato, polvere, olio e carburante, nonché materiale per il sovescio, la bioedilizia e la bioingegneria.

In aggiunta, è previsto anche l’utilizzo della canapa come biomassa (articolo 2) ma solo per l’autoproduzione energetica aziendale.

 

 

La nascita del mercato della cannabis light

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Da quanto appena detto ne consegue che negli ultimi sei anni il mercato della cannabis, seppur limitato, si è aperto anche in Italia, includendo anche l’uso della marijuana light. È doveroso specificare che quelle contenute nella canapa sativa non sono sostanze stupefacenti annoverate nell’elenco delle droghe, bensì sostanze che hanno tracce di THC talmente basse da non avere effetti psicoattivi sul corpo umano.

Nel rispetto dei limiti individuati per decreto dal Ministero della Salute (decreto 4 novembre 2019), la marijuana legale, reperibile anche online mediante e-commerce ad hoc legali al 100%, presenta concentrazioni di THC non superiori a 5 mg per kg, pari allo 0,5%.

Una quantità così misera del principio attivo stupefacente fa sì che la cannabis risulti innocua, anzi piuttosto benefica per alcuni problemi che una persona può avere.

A tal proposito è doveroso sottolineare come, stante a ciò che si legge nella normativa di riferimento, tali derivati vengono prodotti utilizzando piante di canapa la cui coltivazione avviene a partire da semi certificati. In tal modo, viene garantito il rispetto dei limiti di THC individuati dal Ministero della Salute.

 

 

Le ambiguità della norma

Non possiamo nascondere che la norma in esame faccia acqua da tutti i ponti. Essendo troppo generica e lacunosa in ogni punto, riesce difficile stabilire specifici parametri d’azione (si pensi ad esempio al fatto che non venga specificato quali siano le parti della pianta utilizzabili e destinabili alla trasformazione).

Senza contare piu il fatto che trattandosi di una pianta coltivabile “esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi dall'uso farmaceutico, con sementi certificate, in applicazione della normativa di settore, secondo le indicazioni del Ministero delle politiche alimentari, agricole e forestali”, ma che espressi divieti non sono elencati per l’uso ricreativo, si potrebbe ampiamente dedurre che non è esplicitamente vietato consumare alcune parti della canapa (foglie, infiorescenze e resina) in maniera diversa da quelle sopra indicate, benché non si possa desumere che altre modalità di utilizzo siano pienamente legali.

 

 

La giurisprudenza contrastante

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Come accade molto di frequente per leggi che in Italia entrano in vigore ma sono manchevoli in alcune parti, è compito della giurisprudenza cercare di trovare le toppe giuste alle lacune della legge.

Per adesso, non si è ancora affermato un orientamento univoco da parte dei giudici della Cassazione; di conseguenza, pronunce molto diverse tra loro alimentano ulteriormente la confusione e l’ambiguità.

Dobbiamo precisare che una recentissima sentenza (la numero 12348 del 16 aprile 2020) si è avuta una vera e propria rivoluzione interpretativa della legge del 2017. Si legge nella sentenza che possa essere considerata legale la coltivazione di una moderata quantità di cannabis destinata all’uso personale.

Stando all’interpretazione degli ermellini, infatti, il reato di coltivazione di piante stupefacenti, nel caso di specie di un uomo che aveva due piantine in casa, non può essere considerato tale, dal momento che si trattava di un numero scarno di piante.

Inoltre l’uomo in questione aveva applicato delle tecniche rudimentali attraverso le quali riuscire a ricavare tali quantità irrisorie di sostanza potenzialmente stupefacente.

Questa sentenza è senza considerata un fulmine a ciel sereno dal momento che ha espressamente ribaltato il contenuto di un’altra emessa nel 2019, che stabiliva come alcuni derivati della cannabis (olio e infiorescenze) non rientrassero nell’ambito di applicazione della legge n. 242/2016.

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